Pulce e Leo

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Pulce e Leo

Category : Storie a lieto fine

La prima volta che ci siamo visti era il 14 aprile ed è stato un colpo di fulmine. Capellone era lì, dentro la sua gabbietta. Biondo con gli occhi celesti, peloso, enorme. Noi lo guardavamo da fuori, incantati, e ci chiedevamo come si potesse abbandonare un gatto tanto bello.

Sia chiaro, io e Francesca, la mia ragazza, eravamo andati lì per sostenere l’Enpa e i suoi mici, conoscere i due che avevamo adottato a distanza (si può fare anche questo, se non si possono tenere in casa) e guardare gli altri. L’intenzione era quella di prendere un gatto adulto. Sì, perché i cuccioli li vogliono tutti, mentre i gattoni cresciuti sono più difficili da dare. Lo sapevamo già, ce l’hanno confermato anche all’Enpa.

Il fatto è che non potevamo prendere Capellone subito. In estate avremmo dovuto ospitare per una settimana le gatte dei genitori di Francesca. Sono anziane, e difficilmente avrebbero sopportato di condividere un ambiente del tutto nuovo per loro con altri loro simili. Così decidemmo di aspettare. Il gatto lo avremmo preso, ma solo dopo le vacanze estive. Eravamo quasi sicuri che non sarebbe stato Capellone: «Per uno così», ci dicevamo, «ci sarà la fila. Figurati se tra cinque mesi è ancora qui».
Quello che non sapevamo è che invece Capellone ci avrebbe aspettato, e che con lui avremmo portato a casa pure Acapulco. Nel frattempo erano diventati migliori amici, e non ce la siamo sentita di separarli. «Se possiamo tenerne uno, possiamo tenere anche due», ci siamo detti. Ed è così che è andata a finire.

Ora si chiamano Leo e Pulce, come Messi, l’attaccante del Barcellona. È un po’ un regalo che Francesca mi ha voluto fare, un po’ uno scherzo del destino. Perché Leo era già chippato così, prima ancora di diventare Capellone, e perché Pulce ha una certa assonanza con Acapulco. 
Mentre scrivo, Pulce (tutto nero, canini da vampiro, meno bello ma più affettuoso) sta seduto sul pouff davanti a Francesca, ma fino a pochi minuti fa eravamo sdraiati sul divano, abbracciati. Lui è così, adora il contatto umano. Gli piace dormire con la testa poggiata sul petto del padrone e le zampe allungate come in un abbraccio. 
Anche Leo è affettuoso, ma ha tempi diversi. Gli piace di più starsene per i fatti suoi, poi, all’improvviso, ci salta addosso coi suoi 7 chili di morbidezza, comincia a darci testate sul mento e a farci la pasta con le zampone anteriori. 
Insieme sono uno spettacolo. Si azzuffano e rincorrono per la casa, ma lo fanno solo per gioco. Mangerebbero a tutte le ore, salgono su tutti i mobili, ci fanno davvero dannare.

E ci rendono felici.

Gabriele

 

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